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Fiabe

LA CASA AL LIMITARE DEL BOSCO

Fiabe
 
LA CASA AL LIMITARE DEL BOSCO
 
In una mattina come tante, in un piccolo centro, mentre la vita riprendeva il suo ritmo, si vide arrivare dalla via principale uno straniero in groppa al suo cavallo. L’uomo decise di sostare in quel paese e si avviò dunque verso per il mercato.
- Chi sei, straniero? Cosa ti porta qui?
domandò il panettiere.
- Sono un viaggiatore. Visito centri abitati, valli, boschi.
- Perché mai fai questo?
domandò la lavandaia.
- Voglio scoprire il mondo.
Intervenne un vecchio che era seduto lì vicino.
- Il mondo è tutto uguale, cosa vai a cercare? Gli uomini invece hanno caratteristiche differenti, tante personalità.
- Cosa intendi?
chiese il giovane viaggiatore.
- Intendo che viaggiando ti imbatterai negli stessi alberi, negli stessi boschi, negli stessi castelli negli stessi borghi. Negli uomini, invece, troverai diversità.
- Vorrei davvero conoscere persone diverse, fuori dal comune. Come posso fare?
chiese allora il giovane.
- Va’ al limitare del bosco, vi è lì una casina e ne avrai conferma.
Il giovane viaggiatore si avviò. Camminando nel bosco non poté fare a meno di notare la bellezza di questo; alberi maestosi, prati fioriti, i raggi del sole che giocavano tra i rami. Mentre proseguiva, udiva in lontananza un dolce cantare. Sceso da cavallo, proseguendo a piedi, incontrò un gruppo di ricci il quale proseguiva in fila indiana; poco lontano anche le formiche procedevano nel loro modo ordinato fino alla tana. Arrivò da lontano l’eco di un urlo il quale destabilizzò le piccole creature, che corsero via sciogliendo le file. Ma egli continuò, e, con il sole giunto nel suo punto più alto, arrivò alla casa al limitare del bosco, dalla quale si riudì il dolce cantare. “Che bel canto, che bella voce. Il canto sarà forse una delle caratteristiche umane che ci particolarizzano?” pensò il giovane mentre bussava alla porta. Il canto cessò e la porta venne subito aperta. Apparve una giovane donna.
- Hai udito il mio canto vero?
disse lei con un lieve sorriso.
- Sì. Io sono un viaggiatore, mi trovavo qui per esplorare nuovi luoghi ma mi hanno parlato delle diversità degli uomini, ed ora che sono qui vorrei conoscerle. Qual è il tuo nome, dolce fanciulla?
- Il mio nome l’ho dimenticato, da molto tempo ormai vivo qui, questa è la casa della follia.
- Cosa vuol dire?
chiese il giovane meravigliato.
- Vuol dire che la follia vive qui con me, ai margini del bosco, vive sola con me così che i miei canti, i miei lamenti non possano arrecare fastidio a nessuno. E intanto aspetto che lui ritorni.
- Il tuo canto invece è molto bello e tutti dovrebbero ascoltarlo.
- Eppure mi hanno mandato qui sola...
disse lei iniziando lentamente a girare su sé stessa, come se stesse iniziando i passi di una qualche danza.
- E chi è che aspetti, se posso chiederlo?
- Aspetto qualcuno che mi porti nel nostro eden. Un luogo dove l’inverno non arriva mai, dove i fiori non appassiscono, dove il pane non brucia, dove le candele non si consumano e dove non si sente più dolore.
- Un posto così non esiste, nessuno ti ci potrà portare.
- No, non esiste.
rispose lei. Il giovane rimase sbigottito.
- Allora, se lo sai già che non esiste, cosa aspetti a fare?
- Aspetto qualcuno che possa crearlo. Se ami qualcuno, se sei amato da qualcuno, un posto così lo crei. Crei un mondo migliore, dove nessuno conosce la sofferenza, un luogo dove l’inverno non arriva mai, dove i fiori non appassiscono, dove il pane non brucia, dove le candele non si consumano e dove non si sente più dolore. Ma gli uomini non si amano: per questo un posto così ancora non esiste, ed è per questo che io attendo qui, sola, nella casa della follia.

 
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