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DIritto e giustizia

QUANDO LA GIUSTIZIA PUO' DIVENTARE INGIUSTA

Lo avevamo preso per quello che voleva essere, in quell’anno 2013 nel quale elaboravamo ipotesi di ripresa di politiche alte e forti per il nostro paese, con una iniziativa di ispirazione cristiana tuttora in corso ma tuttora incapace di assumere dimensione organizzata e nazionale.
 
Lo avevamo preso per quello che voleva essere, cioè una testimonianza personale drammatica, di un cittadino del quale non possiamo naturalmente in questa sede riportare il nome, sul tema della “giustizia ingiusta” che così spesso attanaglia e uccide le persone: a volte per la persecutrice burocrazia, anche in questo campo, a volte semplicemente per i tempi che a loro volta costituiscono una ingiustizia, a volte per lo stravolgimento del valore della giustizia che le stesse normative pongono in essere a favore di un diritto formalistico arbitrario. Anche nel settore della giustizia pensavamo infatti di proporre una evoluzione strutturale di prospettiva.
 
Ci sembra che un poco d’acqua (poco, veramente) sia passata da quel 2013, e che una riflessione sia stata avviata anche in sede di poteri competenti, sul rapporto fra diritto e giustizia anche in materia di separazioni familiari. Qualcosa di meno ingiusto è stato avviato, ma molta resta la strada da fare. Giudicate voi.
 
Quanto al perché abbiamo deciso di pubblicare proprio in questi giorni una simile drammatica  testimonianza, le ragioni sono soprattutto due: la prima è che pensiamo doveroso, proprio in tempi di “carognavirus”, non perdere affatto l’orizzonte dei tempi di normalità, per consentirci di tenere costantemente presente la strutturalità dei problemi che dobbiamo affrontare oltre a quello di emergenza del virus stesso, e affrontare così con più lungimiranza anche questo; la seconda è che proprio tale emergenza incrementa, a esperienza storica di tutti i casi similari, in una fascia già debole di famiglie, il drammatico fenomeno della rottura dei legami familiari, delle violenze domestiche, degli inconfessati disagi di convivenza, che fanno da triste parallelo ai casi positivi di famiglie che invece trovano nella difficoltà dell’emergenza un motivo di rinsaldamento della loro coesione.
 
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Noi  italiani siamo  convinti di essere  fortunati e di far  parte di uno dei paesi più civili del mondo.
La Costituzione italiana garantisce i diritti, l’ uguaglianza e la libertà.
 
Il primo comma dell’ art. 3  recita testualmente: “ Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali“.
 
Ma è realmente  così? Ci sono seri dubbi, almeno per quanto concerne l’uguaglianza tra i sessi.
 
C’è solo da augurarsi di non avere a che fare con una moglie che, dopo alcuni decenni di normale matrimonio,  all’improvviso e senza alcun preavviso decide di cambiare il percorso della propria vita; prende la macchina e se ne va di casa per circa un mese abbandonando persino un minore. Poi rientra, si  rifiuta  di parlare ed avere contatti con il marito ed arriva a chiedere la separazione inventandosi di tutto con la complicità dei suoi parenti più stretti  e di uno  studio legale:  e  per il malcapitato  consorte sono guai seri, nonostante la sua intenzione  di ricucire il rapporto  o  quantomeno di arrivare ad una separazione consensuale.
 
Alla donna hanno fatto capire  che può assicurarsi una  vita agiata a danno del consorte che “ ormai  ha   un’età  avanzata  e  qualche  problema  di   salute“,  e  la  facilità di raggiungere l’obiettivo dal quale possono trarre vantaggi in parecchi, visto il consistente patrimonio familiare (diversi immobili in comproprietà ed uno stipendio da dipendente statale). Non a caso viene,  inspiegabilmente  ed in tutta fretta, depositata in tribunale una richiesta di separazione per le vie giudiziali, sebbene  vi sia una comunicazione  a mezzo missiva con la quale  viene dichiarata la piena disponibilità a  definire il tutto  in via bonaria. Evidentemente, la consapevolezza  di poter ottenere gli scopi prefissati (intera casa coniugale e consistenti  mantenimenti) già in sede di udienza preliminare invoglia  a tale scelta.
 
Con l’attuale legislazione, infatti, e consolidate consuetudini giuridiche,  il cosiddetto “sesso debole” ha la facoltà di far “buttare fuori di casa” e portare alla rovina la controparte impadronendosi praticamente di tutto (figli, immobili, stipendio del marito, risparmi e quant’altro).
Poi, specialmente se la donna è casalinga, può assicurarsi il futuro a spese di  chi  ha sempre lavorato  e  dovrà  continuare a farlo  per il resto della vita  per mantenerla  (e  chi  glielo fa fare di andare a lavorare?  Eppure, lei è un’esperta  artigiana,  che, tra  l’ altro,  in passato è stata  titolare  di una  propria  attività  svolta  per  diversi  anni e,  tutt’ora,  percepisce  redditi  propri  tali che le garantiscono di essere perfettamente  autonoma ed in grado di mantenersi. Con il suo  mestiere  le sarebbe molto facile trovare un lavoro da dipendente  oppure riaprire la  sua  ex attività  disponendo ancora  dello stesso locale di  prima  con relativi arredi ).
 
Non importa  di  chi  sono le  colpe  del fallimento del matrimonio (il marito  si è  sacrificato  per assicurare  alla  famiglia in cui credeva un buon futuro ed ha cercato di essere un  buon  padre  e un buon marito); l’importante  è  fare la “ vittima “: e persino  in presenza  di  documentate falsità,  si potrà  avere  la  “giustizia” dalla  propria parte; la quale, in pochi minuti (con il cosiddetto “provvedimento presidenziale”), non esiterà ad ordinare l’allontanamento del marito dalla  casa coniugale  acquistata  con sacrifici, nonché a disporre, inspiegabilmente, il versamento di un cospicuo mantenimento per lei ed il figlio, sebbene in affido condiviso (ben 3/4 dello stipendio, corrispondenti a  quasi il doppio di un normale salario corrisposto  alla  maggior parte dei lavoratori italiani ), violando  in  modo  evidente  i  principi  costituzionali  e  la  legge  54/2006. 
 
Al marito che  si alza  tutte le  mattine  per  andare  a  svolgere un  duro lavoro  rimarrà  una modesta  cifra  (meno di quanto  deve  versare mensilmente  per  il  solo  figlio ed in alcuni mesi le sue competenze si riducono persino a soli  58,oo  € con cui dover vivere e pagare un consistente affitto di casa )  e  se  non  dovesse  provvedere  a  corrispondere  tutto  quanto  è stato  deciso (e ci sarebbe la tentazione di dire “  estorto “, con  abuso  e  favoreggiamento!) verrà  pure  emesso un “decreto penale di condanna” per  violazione  dell’ art. 570  c.p.  e  si  procederà  persino  con il pignoramento delle competenze; tanto, per la  cosiddetta  “giustizia“  bisogna assicurare lo stesso tenore di vita  alla  donna  e  c’è   un  “provvedimento”  al  quale  bisogna  attenersi, tutto il resto  non conta  (non importa nemmeno se il malcapitato nei suoi primi 50 anni di vita si è sempre comportato bene e non ha mai avuto a che fare con la  giustizia, perché improvvisamente gli piomberanno addosso tante di quelle azioni legali da superare i più  conosciuti personaggi mafiosi).
 
Ma  poi,  qualcuno  si  chiede  se  anche  il marito  può  mantenere  lo  stesso tenore di vita ? Qualcuno  si  vuole rendere  conto  che  il  malcapitato  è  costretto  ad  andare  a  vivere  in  affitto e  viene  ingiustamente   umiliato, denigrato ed  offeso  e  non  potrà  che  vivere  in  condizioni  di  assoluto  disagio  pur  non  avendo  fatto  nulla?
 
Non  conta  neppure  se  la  casa  coniugale  è composta di  due  grandi e  distinti  appartamenti per  due  famiglie,  perché,  tanto,  verrà  comunque  assegnata  esclusivamente tutta a lei sebbene è documentato che quest’ ultima ha altre possibilità alloggiative (vuole così, il marito potrà  arrangiarsi  andando a vivere  altrove e se dovrà pagare un esoso  affitto  e vivere  il  resto  dei  suoi  giorni  in  condizioni  di  precarietà  saranno problemi  suoi ).
 
Anche se poi il figlio diventa maggiorenne, la Giustizia farà in modo che la donna continui a disporre a suo piacimento del mantenimento per lui  stabilito  con prelievo diretto dallo stipendio del malcapitato  consorte e contestuale versamento sul conto corrente esclusivo della donna ) e poco importa se il figlio ha raggiunto la maggiore età  già  da alcuni anni ed abbia chiesto al Giudice  di avere ciò  che  è un suo diritto, comunicando  le coordinate del proprio c/c  appositamente aperto.
 
Ma non basta…. per decisione della “Giustizia”,  lei continuerà a disporre, comunque, anche della intera casa coniugale e la motivazione addotta sarà che il figlio non è economicamente autosufficiente . Cosa importa se a mantenerlo  è il padre e se il ragazzo ha  un proprio stipendio  perché arruolatosi nelle  FF.AA. e , ormai ventunenne, abbia esplicitamente manifestato la volontà di volere il padre vicino ?
 
Dopo anni di durissime  e costosissime battaglie legali, l’uomo dopo 5 anni riesce a rientrare nella ex casa coniugale, che condividerà con il figlio,  ed il mantenimento alla donna viene revocato perché  la “giustizia”  è costretta a prendere atto della realtà dei fatti poiché la donna detiene immobili propri  dati in affitto e quindi possiede redditi idonei e sufficienti al proprio sostentamento. Persino il  decreto penale di condanna  viene revocato ( dopo aver cagionato molti danni )  poiché  l’ uomo  viene  assolto  perché  “il fatto  non  sussiste”. L’ uomo viene scagionato da qualsiasi addebito di colpa, ma tutte le denunce/querele presentate per calunnia, ecc. nei confronti della ex, caso strano, vengono puntualmente archiviate (eppure di qualcuno deve pur essere la colpa di quanto accaduto! ).  Si scopre, poi, che la donna svolge  pure lavoro   “in nero”, ma, sebbene vi siano le segnalazioni fatte, nessuno interviene al riguardo. Anzi, l’uomo viene pure preso di mira dal  “Fisco”  perché, ovviamente aveva portato in deduzione dal reddito  gli importi effettivi corrisposti a titolo di mantenimento ed ampiamente documentati per effetto dell’avvenuto pignoramento dello stipendio disposto in virtù dell’assurdo Decreto Penale di condanna di cui sopra e, così, subisce un nuovo pignoramento dello stipendio  (questa volta da parte del  “fisco” ), sebbene  vi  sia  un ricorso alla Commissione Tributaria in atto, per il quale detto  Organo non si è neppure ancora pronunciato (strano, però: il “fisco” non entra nel merito del lavoro in  nero svolto dalla donna e si limita a prendere per buone le dichiarazioni della  donna ).
 
Ma non finisce qui !!! Infatti, dove non arriva l’ ex consorte  subentra la ex  suocera, la quale  dopo circa 10 anni richiede esclusivamente all’ ex genero una somma volutamente elargita per l’acquisto della casa coniugale della quale è proprietario il nipote per espressa volontà della stessa. L’ elargizione  a titolo di  “regalia”  risulta anche dall’autorizzazione rilasciata dal  giudice tutelare ad  entrambi gli  ex  coniugi per l’ acquisto dell’ immobile  in nome e per conto del figlio, all’epoca minore. Nonostante all’epoca dell’acquisto dell’immobile i coniugi fossero in costanza di matrimonio, in  regime di comunione dei  beni e la  casa fosse intestata al nipote,  la ex  suocera dell’uomo pretende, a distanza di dieci anni e soltanto dopo l’avvenuta separazione dalla figlia, la restituzione della cifra soltanto dall’ ex  genero. Quindi, improvvisamente e senza alcun preavviso avvia l’ azione legale ed ottiene l’emissione di un decreto ingiuntivo al riguardo, sebbene  vi sia una dichiarazione di rinuncia alla restituzione della grossa cifra elargita (ovviamente, poi, disconosciuta)  e non considerando che la somma sia pari quasi ad 1/4 di quella totale spesa dall’uomo per l’ acquisto dell’ immobile. Nonostante l’evidenza dei fatti, l’uomo viene condannato a pagare la grossa cifra e così ove non era riuscita la ex  moglie a raggiungere l’obbiettivo prefissato (portarlo alla rovina ) ci riesce la ex suocera con l’ausilio della  “malagiustizia”. A nulla serve neppure il ricorso in appello avverso il decreto ingiuntivo emesso, alla mancata ammissione delle prove a proprio favore, al comportamento della  Ctu, alla  vistosa  “sentenza punitiva”  che ha tutto il sapore di una vera e propria  “vendetta giudiziaria”,  ecc. La  definizione della causa viene rinviata  a  distanza di oltre  tre anni dopo, e viene intanto confermato il pagamento di quanto stabilito in decreto ingiuntivo  con aggravio di spese ed interessi ( e così  si arriva a circa 200.000, oo €. ed il gioco è fatto !!! ). L’ uomo sarà, cosi,  costretto a  pagare  subito ( quindi rovinato ) e  non avrà  neppure  la  possibilità di  poter ricorrere in Cassazione perché la causa non è stata  neppure definita dalla  Corte d’Appello ( se tutto va bene se ne parlerà tra  4/5  anni ) ed ogni commento al riguardo appare più che superfluo. All’ uomo non resta altro da fare che rivolgersi alla  Corte  Europea per i  Diritti dell’ Uomo perché è inutile intentare  azioni legali contro appartenenti alla  magistratura, i quali, godono della più ampia impunita’ e non risponderanno mai in prima persona  per il proprio operato.
 
I  giovani  uomini  prima  di  pronunciare  il fatidico “sì”  riflettano  e  si regolino di  conseguenza.
E  poi  ci si  meraviglia  quando  accadono certi fatti di  cronaca…..
 
Ma ciò  che  lascia  davvero  indignati  è  l’ operato  della  Giustizia,  che  tale proprio non è,  e la  totale  indifferenza  delle  istituzioni  che al massimo  si limiteranno  ad esprimere solidarietà, ma che  si  guarderanno bene  dall’andare  a  fondo  delle  questioni.
 
Di certo alle Istituzioni non  conviene  sindacare l’operato della  Magistratura  e magari dover assumere provvedimenti impopolari che potrebbero generare l’ira  del  cosiddetto “sesso debole”, che, ormai,   ha  ben  compreso  come, nella maggior parte dei casi, separarsi  dal marito diventa una vera “convenienza”  ed  equivale ad  una  specie  di  “polizza  assicurativa a vita” a proprio vantaggio ed  a  totale  nocumento  dell’ ex  marito  ridotto  così  in stato di schiavitu’ perché costretto a dover lavorare per  mantenere la ex ed assicurarle una  vera e propria  rendita  vitalizia  e parassitaria.
 
In tal modo le donne conseguono contemporaneamente due  vantaggi: quello di  assicurarsi il futuro e quello di “rovinare” per  il resto dei suoi giorni  il loro ex (grande  risultato !!! ) . E  tutto questo in nome della   civiltà  e della giustizia di questo Paese.
 
In materia  di  separazioni  matrimoniali,  poi, difficilmente si troverà un giudice disposto a modificare i provvedimenti assunti in precedenza dai colleghi  ed a far emergere le eventuali responsabilità  di questi ultimi, per cui il povero uomo  sarà costretto ad avviare  tutta una serie di azioni legali per  cercare di difendere la propria  persona ed i propri interessi. Passeranno  anni per cercare  di   rimettere  a  posto  le cose  e verrà spesa una vera  fortuna per spese legali e giudiziarie (oltre duecentomila  €, per i quali il malcapitato deve indebitarsi per 5  anni,  e… non  è   ancora  finita !!!!  ). Intanto i  “media”, la stampa,  la Tv ed i politici  continuano  a parlare  di “violenza” e di  “ingiustizie” che riguardano esclusivamente il sesso femminile, trascurando totalmente l’altro sesso. Tutti  i giorni assistiamo ad intere  trasmissioni televisive ed articoli di stampa in materia di violenza  alle donne  e di  disparità verso il sesso debole,  ma  delle  violenze subite  dagli  uomini  da parte  delle  donne e dai loro legali (e  sono  tantissimi ! )  chi  osa  parlarne ??? In questo Paese le donne  hanno  ottenuto “ la  licenza  di  uccidere”  ( è chiaro, non ancora dal  punto di vista  materiale,  ma  sicuramente  dal punto di vista  morale  e psicologico ). Hanno distrutto la loro  femminilità e  i valori della  famiglia  e le  ripercussioni sull’ intera  società sono ben  noti,  basta  guardarsi  intorno.

In  un  Paese  che  si  vuole  davvero  ritenere  civile  le  violenze e le ingiustizie vanno combattute  in  ogni  caso, sia  se  riguardano le  donne  e  sia  se  riguardano  gli  uomini, senza fare distinzioni di sesso. E’  sicuramente  questa  la  vera  civiltà ! I  politici  ne  prendano atto e  si assumano le  loro responsabilità;  trovino il coraggio per  cambiare le  leggi  in materia  di  separazioni  che,  allo  stato attuale dei fatti e con la  corresponsabilità  della  Giustizia,  sono nettamente  di  parte ( e …..non si venga  a dire  che il tutto  viene  fatto per  tutelare  i  figli, perché  anche  i padri separati hanno il sacrosanto diritto ad esercitare  la  patria  potestà  e ad amare la  prole,  esattamente  come le  madri ). Occorre sicuramente togliere alle donne “furbe”  l’ “interesse economico di separarsi”  ( casa coniugale e mantenimento che spesso restano alla donna a vita ). Solo così si potranno salvare moltissimi matrimoni  e fare davvero gli interessi dei minori i quali hanno diritto ad  avere  un padre .

L’ operato dei  Giudici in  materia  di  separazioni  andrebbe  sicuramente  sottoposto a  controlli rigorosi  perché  non si  può  continuare a  permettere loro  di assumere  provvedimenti con  superficialità e rovinare  la  gente  per bene dietro falsità e calunnie  di  chi  agisce  in  malafede ed il guaio è  che,  poi,  tutte le  false  accuse  restano pure  quasi sempre  impunite. Alcune  statistiche evidenziano che negli ultimi dieci anni le separazioni  anno causato circa un migliaio di  suicidi/omicidi e nel  93 %  dei casi  chi si toglie la  vita è il padre. C’ è da domandarsi:

a)- Quanti altri morti ci dovranno essere prima che le istituzioni si decidano ad intervenire per cambiare la legislazione esistente e per controllare l’ operato dei giudici  e per obbligarli ad  essere più attenti, meno superficiali ?

b)- E’ mai possibile che si debba continuare a rovinare la gente per bene dietro falsità e calunnie di chi  agisce  in malafede ?

c)- E’ normale che per buttare fuori di casa un uomo (spesso senza alcuna colpa ) e per togliergli  tutto (casa, stipendio, affetto dei figli, dignità, ecc.) basta solo qualche mese ed una  udienza presidenziale che dura solo pochissimi minuti, ma poi, per rimettere a posto le cose in        qualche modo occorrono moltissimi anni e tanti soldi ( nel caso di chi scrive  oltre  duecentocinquantamila €.) e, nel frattempo,  la  donna  continua  a mantenere  la sua posizione di comodo ed  a  percepire  una vera e  propria  rendita vitalizia a danno dell’ ex consorte ??? Intanto, il malcapitato è costretto ad indebitarsi per sostenere le spese legali necessarie a difendersi dalle evidenti falsità, menzogne e cause varie  avviate dalla  ex  con i suoi legali, che comunque, per anni,  si è goduta la casa coniugale utilizzandola a “mò di albergo” per parenti ed amici  per  diversi anni (la madre, pur avendo un proprio appartamento poco distante,  si era  sistemata quasi stabilmente  nella medesima casa coniugale con la figlia ) .
 
 Tutto ciò  deve certamente far riflettere, visto che, a questo punto,  le separazioni  causano più vittime  di  tutte le  organizzazioni  criminali  messe insieme. Non  occorre  certo  creare  ministeri   o  numeri  verdi  (es.  1522) dedicati  esclusivamente  alle  donne  ove  gli  uomini  non   possono accedere  e  non  è  necessario  neppure  creare  “quote  rosa” (a modesto avviso di chi scrive, che  assicura  si  è sempre  battuto in difesa delle donne ed è sempre  stato  contro il “ maschilismo”, ciò  è  offensivo  per  le stesse  donne.  ). Il  successo  va  conquistato  sul campo  e per  meriti, senza  fare “vittimismo sfrenato” .

Ci si auspica  che  qualcuno  si decida ad intervenire al più presto per far cambiare le cose e la  soluzione alle  problematiche  potrebbe essere  raggiunta  con :
 
 1)-  L’ abolizione di  ogni  forma  di   mantenimento  a  favore di uno dei  coniugi (quasi sempre la donna ) con conseguente    istituzione    del   mantenimento    diretto  ed obbligatorio  dei   figli   da     parte    di  entrambi    i  genitori,  in  percentuale   e  sulla  base del loro reddito  accertato  ( salvo accordi diversi  o casi eccezionali, da motivare e documentare in sentenza ) ;

2)-  l’  assegnazione   della   casa    coniugale   a  chi   e’   il   legittimo proprietario   (qualora l’ immobile  sia  di   entrambi  i coniugi  andrebbe  diviso   o venduto  per  suddividerne il ricavato );

3)-  Tempi di permanenza  paritetici dei figli  presso entrambi i genitori, con conseguente istituzione della doppia residenza  per i minori ( salvo accordi diversi  o trasferimento di uno dei genitori in  diversa  città o  per comprovati e giustificati  motivi ) ;

4)-   Certezza della pena  per chi inventa  falsità  e  menzogne  allo  scopo di  conseguire i propri obbiettivi a discapito della controparte;

5)-   Responsabilità dirette  per gli  eventuali  legali che danno assistenza  a  clienti scorretti  o che forniscono  il   proprio  operato on    coscienza   e   volontà    e   “senza  scrupoli”   o  che fomentano   gli animi  dei    separandi    aiutandoli   a  fornire  versioni distorte dalla realtà alle  ompetenti  Autorità  Giudiziarie  per  ricavarne  lucro ;

6)-    Responsabilità  civile   per   i   magistrati    che  emettono  provvedimenti  con colpa grave  o dolo, con  conseguente  abolizione  dell’ attuale  diffuso concetto  di  “intoccabilità”,  affinchè rispondano   per   le    proprie   responsabilità   come  tutti  gli  altri  cittadini  italiani  per   gli eventuali danni arrecati a  terzi.

Per  le  responsabilità di  cui  ai  precedenti punti  5 e 6  non possono essere sufficienti semplici “polizze assicurative”, ma  occorre la  cessione  del  quinto dello stipendio e la confisca dei beni quantomeno nei casi di responsabilità gravi ed eclatanti. Le  citate  soluzioni   “a costo  zero”, a  quanto  pare,  però,  non   sono  ben accette  da chi,  magari,  ha    interesse  a   tenere  alto   il   tasso di  conflittualità  ed   a  lasciare  inalterato  l’attuale  assurdo  ”sistema”   in atto  (  il  “divorzificio”  in atto, fa comodo a molti  per poter  lucrare sulle disgrazie altrui  ed è questo che bisogna eliminare  per salvare molte famiglie e tantissimi bambini ).

Gli  interessi economici  che ruotano intorno alle  separazioni  sono tantissimi e  vistosissimi. Senza  voler  minimamente  generalizzare,  sono  tante  le  donne  “furbe”  ed     “in  malafede”  che ricorrono  volutamente  alla  separazione  di tipo giudiziale  per  potersi costituire la rendita ( casa e  lauti mantenimenti ) a discapito dell’ ex  marito . Ciò  costituisce  senza   dubbio   il vero incentivo alla  separazione  conflittuale  che va eliminato  con un’ adeguata ed  urgente  riforma  legislativa. I “ padri separati”  devono avere gli stessi diritti e gli stessi  doveri delle  madri ,    quindi    anche    pari     dignita’ ,  e  non si  venga  ancora  a  sostenere  che il tutto viene fatto nell’  “interesse e  per la tutela dei   minori”  perché  cosi   non   è  ( anche i padri  hanno il diritto di amare  ed assistere  nella crescita  la   prole  e non  si  comprendono  le ragioni per le quali dovrebbero essere esclusi/emarginati ).
 
Con    l’ attuale   sistema,  infatti,   i   figli   troppo   spesso  diventano  “ lo   strumento”   per  arrivare   all’ obbiettivo  da  raggiungere  e  non a  caso  diventano  “ contesi “  dai  genitori  con  le  conseguenti   problematiche che ne derivano. Pertanto, se davvero si vuole  l’ auspicata  “ bigenitorialita’  “  e fare  gli interessi dei figli  è  necessario  correre  ai ripari  con  urgenza.
 
P.S- :  Chi  pagherà  mai  per i danni  cagionati all’ uomo ??? Sulla    base    di    quale ragionamento   il   giudice  aveva   inizialmente assegnato  l’ intera  casa  coniugale , che   si  ribadisce è composta  di due grandi  e   distinti   appartamenti,   alla  donna,   costringendo  l’  uomo  ad  andare  in affitto ???  Quale  criterio   fu   adottato  per  assegnare  alla  donna,   provvista    di redditi  propri  documentati  i  3/4 dello  stipendio dell’ uomo  a titolo di mantenimenti, per una somma  di  €.  1.500  mensili, quando lo stipendio delle  due  sorelle  dell’ uomo  –  una  Dirigente   scolastico  con   doppia  laurea  e   due  figli    e   l’  altra  impiegata con regolare  assunzione - era  rispettivamente  di  €.  1.300   e  900  circa  mensili ??? - Sono  sicuramente   misteri  difficilmente  risolvibili  ! Ma,  purtroppo,  c’è  ancora di  più. Infatti,  non appena  si  viene a sapere che  l’ uomo riprenderà   la  casa  coniugale,  per  volere  del   figlio  intestatario  dell’immobile, inspiegabilmente, arriva un  improvviso trasferimento di  sede  a distanza  di  600  Km. e  tale  trasferimento  viene  motivato  con  generiche  e  dubbiose  esigenze  di   servizio ( ma  che  strano  !!! )  ed   il  tutto  dopo  che,  per  imposizione  dell’  Amministrazione di  appartenenza  l’ uomo  aveva  prestato  onorato servizio  per  circa  35  anni  sempre presso    lo    stesso  Reparto.  Inutile  presentare  istanza  motivata  di   revoca  del  trasferimento  o  quantomeno  di  trasferimento  ad  una  sede  più  vicina al  figlio  ed alla ex  casa coniugale. Tra l’ altro,  alla  nuova  sede  si  cercherà  in  tutti  i  modi  di rendere  la  vita  difficile  all’ uomo   e  così  il  mistero  continua .  Forse  è  il  caso  di poter   serenamente  affermare   che   è    un    caso  vergognoso   per   un  Paese   civile quale vuole essere  l’ Italia.
 
                                                                                                          (Anonimo)