Europa

L’UNIONE EUROPEA ALLA PROVA DEI NUOVI EQUILIBRI INTERNAZIONALI

Dopo quanto è successo in Canada alla riunione del G8 (8 e 9 Giugno 2018), con il documento finale, prima sottoscritto e poi ripudiato da Donald Trump, riappare lo spettro di una guerra commerciale tra USA e resto del mondo, con particolare riferimento all’UE,  e lo scenario della geopolitica internazionale sembra stravolto.
 
Trump con il suo cambio di strategia apre un contenzioso forte con l’Europa e sembra affermare la volontà degli USA di sostituire al G8 una triade USA-Cina-Russia, con l’Europa ridotta ad un ruolo laterale e marginale. Tutto ciò costituisce elemento di una necessaria non rinviabile riflessione in previsione del rinnovo del prossimo parlamento europeo.
 
Le difficoltà operative nella governance dell’Unione europea, anche a seguito della Brexit, con le sue conseguenze tuttora in fase di complessa risoluzione; i contrasti con i Paese di Visegrad e tra i Paesi del Nord e quelli mediterranei, non solo in materia di politiche di governo dei flussi migratori, si aggiungono a quelli più ampi della geopolitica internazionale, in conseguenza dei nuovi equilibri che l’annunciata “guerra doganale” con gli USA sembra determinare.
 
L’instabilità politica della Germania, dove si sta consumando la lunga stagione dell’egemonia di frau Merkel, le difficoltà in cui si dibatte Macron in Francia, dopo e nonostante  l’ottimo risultato elettorale delle presidenziali, il trionfo dei partiti sovranisti in Austria, Ungheria e la stessa recente formazione del governo italiano giallo-verde; l’avvio del quarto round della Brexit, che si sta dimostrando assai più complicato rispetto alle premesse, con riflessi contraddittori anche all’interno della stessa politica del Regno Unito, sono tutti elementi  che caratterizzano l’attuale difficoltà nel processo di costruzione e sviluppo dell’Unione europea.
 
Come è noto,  marzo del 2019 è la data fissata per la definitiva uscita della Gran Bretagna dall’Ue. Al riguardo va tenuto presente che, in assenza di un accordo e nel caso  di “un’uscita disordinata”,  il Regno Unito dovrebbe operare secondo le regole del WTO, con la sequela di controlli doganali e tariffe da esse prescritte. A Londra già si teme per la scarsità di prodotti di vario genere e conseguenze sul piano della stabilità dei prezzi e nella disponibilità anche su prodotti di prima necessità.
 
Con l’uscita della Gran Bretagna si è riaperto, com’ è noto, il confronto acceso tra i 27 Paesi UE per decidere la definitiva allocazione delle sedi di EMA (Agenzia del farmaco), dopo il no alla proposta dell’Italia per Milano, e dell’Eba ( Autorità Bancaria) per la quale la Germania rivendicava la sede di Francoforte, dove già è allocata quella della Bce.
 
 Per l’Ema, la sede vinta per sorteggio da Amsterdam, dopo i ricorsi respinti dell’Italia e della città di Milano, a tutt’oggi non è ancora in costruzione e l’edificio temporaneo che dovrà ospitare l’Ema nei primi mesi del 2019, quando avverrà il trasferimento, non sarà in grado di ospitare l’intero staff dell’agenzia (si parla di circa 900 dipendenti). L’Eba alla fine, anch’essa per sorteggio, è toccata alla Francia e sarà ubicata  a Parigi la sede della prestigiosa autorità bancaria europea, a riconferma del ruolo dominante di Germania e Francia ( la “ Framania”) nell’Unione europea.
 
Con l’uscita della Gran Bretagna dall’Ue, d’altra parte, non è ancora ben chiaro il destino dell’Unione europea. Il Libro Bianco sul futuro dell’Europa mostra, infatti, cinque scenari diversi da qui al 2025: mantenimento dello status quo; semplice mercato unico; unità europea nella politica estera;  Europa a due  velocità; governance della politica dell’immigrazione col superamento del trattato di Dublino e politica comune della difesa.
 
Sul fronte dell’area Euro, infine, emerge l’ipotesi di un ministro delle Finanze unico della zona euro e la trasformazione dell’Esm, il meccanismo di stabilità, in un Fondo monetario europeo. Tema particolarmente arduo e delicato il completamento dell’unione bancaria con un sistema di garanzia unico per i depositi, prospettiva mal digerita e osteggiata sin qui dalla Germania.
 
La prossima riunione del Consiglio  dei ministri dell’UE per la definizione del bilancio comunitario e la riduzione graduale sino all’annullamento del Quantitative Easing, sono i passaggi a breve più delicati cui dovrà far fronte l’Unione europea. L’Italia, con la nuova maggioranza di governo, si appresta a richiedere per l’ennesima volta uno sconto sul deficit, al fine di garantirsi una maggiore disponibilità sui conti pubblici e margini di investimento per il rilancio dell’occupazione. Tutto dipenderà dalle scelte che sul Def in corso di definizione, il governo italiano sarà in grado di mettere in mostra rispetto alle attese dei partner europei.
 
Se questi  sono i temi più urgenti della prossima agenda europea, non vanno dimenticati quelli più strettamente politici connessi alla deriva politica dell’ Europa verso la destra radicale che accompagna la crisi profonda dei partiti tradizionali, gli assi portanti sin qui del parlamento europeo: Ppe e Spd, una crisi che sembra inarrestabile.
 
In un prossimo articolo cercherò di esaminare due temi a mio avviso essenziali per proporre una seria proposta riformatrice di ispirazione popolare ed europeista secondo i principi dei padri fondatori: Adenauer, De Gasperi e Schuman.
 
Il primo è quello del rapporto da rinegoziare nei trattati, al fine di superare i conflitti rivelatisi insanabili con la nostra Costituzione, specie quando, come nel caso del fiscal compact, quella decisione, nettamente in contrasto con gli stessi trattati liberamente sottoscritti, è stata il frutto di un regolamento di grado normativo inferiore ai trattati, redatto da euro-burocrati, con l’avallo irresponsabile anche di nostri autorevoli esponenti di governo. Fatto quest’ultimo ampiamente dimostrato dai saggi del prof Giuseppe Guarino, ahimè, sin qui  volutamente e colpevolmente misconosciuti.
 
Il secondo è il tema della sovranità monetaria che, nei modi  in cui si è sin qui realizzata a livello dell’Unione e in quasi tutti i Paesi componenti della stessa, con il controllo de facto della Bce e delle banche centrali dei diversi Paesi da parte degli edge funds anglo caucasici (kazari), riduce la “sovranità popolare” a  un ectoplasma senza sostanza; con le politiche economiche prone al dominio degli interessi dei poteri finanziari, che subordinano ad essi tanto l’economia reale che la politica. In sostanza, annullano de facto la democrazia e le fondamenta stesse su cui si regge il nostro patto costituzionale.

 
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