Democrazia Comunitaria

UN DPCM DISTANTE DALLA REALTA'

Pubblichiamo l'ultima nota di DemocraziaComunitaria, rilasciata a immediato ridosso del più recente decreto del presidente del consiglio dei ministri in materia di covid. Nota nettamente critica, che riteniamo utile pubblicare in quanto gli accadimenti reattivi a tale dpcm confermano, con le manifestazioni vandaliche di protesta in corso in diverse città, e nello stesso tempo con le civilissime proteste di cittadini e operatori irrazionalmente impediti di lavorare, il carattere preoccupantemente astratto e inesperto anche di tale provvedimento, e la sostanziale assenza di un reale dibatitto parlamentare su tutta la tematica della lotta antipandemica: suggerendo una riflessione su come riprendere un più misurato e realistico modo di concepire la gestione del paese e il relativo potere normativo.


La chiusura di ristoranti, teatri e altre categorie di pubblici esercizi alle ore 18, denota nel governo buone intenzioni unite a lontananza palese e pericolosa dalla realtà concreta della vita economica e sociale: il provvedimento del governo avrebbe dovuto andare, caso mai, esattamente nella direzione opposta: allungare l’orario di chiusura possibile di tali esercizi, vincolando semplicemente i locali ad apporre ben in vista la loro scelta di orario e obbligandoli al distanziamento ed alla igienizzazione puntuale di clienti, personale e locali stessi. Perché è così che l’economia vive e il sacrifico comprensibile chiesto a tutti è solo quello di… lavorare più a lungo, se lo vogliono, per compensare la maggiore distensione di tempo e di persone degli utenti e dei collaboratori.
I sostegni economici in termini di elargizione di soldi pubblici, a loro volta, devono essere riservati alle aziende che adottano contratti di solidarietà o di compartecipazione ai risultati. Altrimenti si ha una semplice (e spesso politicamente clientelare) azione di sostegno parziale e aleatorio a una sopravvivenza grama e deprofessionalizzata senza alcun consolidamento strutturale né difesa della economia complessiva.
In una situazione che tende ad aggravarsi è giusto anche chiedere alle nostre forze armate di svolgere ordinarie funzioni di polizia in affiancamento alla insufficiente presenza di carabinieri, polizia di Stato e polizie locali, che si sta traducendo in deficit di controlli sugli assembramenti e sulle altre violazioni delle norme di sicurezza collettiva. Gli assembramenti infatti stanno continuando e con essi continua la irresponsabilità di tanti giovani ma anche di tanti genitori e operatori di diverse realtà sociali. Le imprese e le persone colte in reato di non osservanza delle norme di distanziamento e igienizzazione vanno semplicemente (soltanto esse) assoggettate alla sanzione della chiusura immediata, con durata di progressiva gravità, o della clausura personale stretta.
Anche la scuola può e deve essere organizzata in efficace distanziamento fisico, che non significa affatto didattica a distanza. A parte la sintomatica incongruenza del parlare di didattica a distanza mentre il concetto giusto è quello di “pedagogia a distanza” o “scuola a distanza” (improprietà linguistica che la dice lunga sulla confusione mentale circa la funzione della scuola, diventata nozionificio e titolificio incapace di educare), la non equiparabilità della scuola a distanza con la scuola in presenza è chiara a chiunque nella scuola abbia vissuto. Il problema si risolve aggiungendo al ragionevole e controllato distanziamento fisico dei ragazzi fra loro, lo scaglionamento dell’entrata delle singole classi lungo la giornata, tenendo conto di due elementi essenziali per la rivitalizzazione anche pedagogica dell’attività scolastica: 1. l’incontro in presenza non ha alcun motivo né pedagogico né didattico di durare oltre le due o al massimo le tre ore, il che fa guadagnare appunto la possibilità di tenere scuola in presenza per più classi distanziate; 2. va reintrodotta gradualmente la figura del docente unico per ogni gruppo-classe, affiancato dove possibile da un assistente o tutor che è anche naturale supplente quando occorra. Necessita infatti una figura univoca e unitaria di educatore per i ragazzi e per il gruppo, non l’affastellamento di diverse figure spesso di fatto educativamente incoerenti fra loro. I docenti, bravi ciascuno nella sua (o nelle sue) materie particolari, è bene che riapprendano l’antica capacità e umiltà di essere sagaci ed educativi accompagnatori dello studente in tutte le altre materie. Altrimenti non sono educatori.
I provvedimenti di chiusura pura e semplice di attività economiche decisi dall’ultimo dpcm, in sintesi,  suonano come arbitrii, oltre che dannosi all’economia, ingiusti se si pensa che vengono indiscriminatamente castigati anche  i migliori operatori, cioè quelli che per ingegno o moralità riescono a far funzionare correttamente attività esposte all’assembramento. Si castigano i bravi e non si controllano gli irresponsabili! E rischia così di crescere quella che all’inizio della pandemia medica, diversi mesi orsono, chiamavamo “la pandemia più rischiosa: quella economica e sociale”. Ogni giorno è buono per tornare a imboccare la via del buon senso e della giustizia, se davvero lo si vuole.
                                                                                                                                             
                                                                                                                                                      (Giuseppe Ecca)

                                                                                                       
                                                                                            °°°°°                                                                                                       
                                                                                                      MM
                


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