Politica

I CATTOLICI E LA POLITICA: E' RICOMPONIBILE IL DIVORZIO?

I tentativi di costituire ex novo un partito di ispirazione cristiana come risposta all'attuale povertà qualitativa della politica italiana, ma anche alla ininfluenza dei cristiani nella politica italiana, si ripetono quasi con la insistenza con cui si ripetono i tentativi di rimettere in piedi, semplicemente, quello che fu il più grande partito storico dell'Italia repubblicana, cioè la Democrazia Cristiana.

Entrambi i tentativi condividono in realtà, insieme con la insistenza, un vistoso insuccesso che non accenna, per ora, a risolversi, nonostante gli inviti rivolti crescentemente dalla stessa Chiesa a serrare le fila e a voler assumere, da parte dei cattolici, più esplicite responsabilità nella "città dell'uomo".

Agli osservatori più attenti non sfuggono le due cause essenziali del duplice insuccesso registrato finora: nel caso del ritorno a operatività della Dc storica, è la caratura culturale e politica dei personaggi che guidano il tentativo a rivelarsi - non ce ne vogliano - del tutto inadeguata alle necessità comportate da impresa tanto grande che non si perita, con pose retoriche un poco esagerate, di richiamare a riferimento figure del calibro di De Gasperi, Dossetti, Moro, Fanfani, e simili; nel caso della ipotesi di una forza politica da creare ex novo, a colpire è soprattutto la frantumazioe spinta, e i diffusi egocentrismi, dei tanti soggettini che si affannano in una impresa la quale esigerebbe, ad affiancare un pensiero strategico certamente superiore rispetto a quello degli attuali partiti, una grande dote di autodisciplina organizzativa e di cultura interna delle regole, che pare ancora ampiamente mancare, ma che significativamente viene segnalata da un numero crescente di persone in questo variegato movimento, a cominciare dal piccolo gruppo di Democrazia Comunitaria, che ne fa uno dei suoi punti caratterizzanti. 

Tuttavia l'impegno viene confermato e non è detto che un più decente livello di consapevolezza delle citate esigenze di autodisciplina e di cultura delle regole non cominci, anche se lentamente, a fare capolino. L'importanza della posta in gioco è sottolineata, nello scritto che segue, da Giuseppe Bianchi, che dal suo osservatorio Isril, particolarmente attento al mondo del lavoro, non manca di proiettare considerazioni importanti anche sul più ampio scenario sociale e politico del Paese.

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L’occasione creata dal centenario della fondazione del Partito Popolare, ad opera di Don Sturzo, ha riproposto l’impegno dei cattolici in politica che, come è noto, è proseguito con la Democrazia Cristiana, asse centrale del Governo per oltre quarant’anni.

Una cultura ed una rappresentanza oggi dispersa sul piano politico con significative presenze rimaste nelle organizzazioni di volontariato. Analoga sorte è capitata ad altri movimenti politici laici portatori di culture altrettanto solide e consolidate sul piano della rappresentanza.

Fenomeno questo evocato come crisi delle ideologie del Novecento di cui i partiti erano espressione con le loro identità collettive in cui motivazione, ideali e azione politica si sostenevano tra loro, almeno nella rappresentazione offerta al comune cittadino. Sarebbe inutile ora parlare di questo passato se il presente non evidenziasse segni di regressione nella vita politica e civile del Paese.

Il dato emergente è che la politica post-ideologica, avviata da Berlusconi e proseguita dalle successive maggioranze per arrivare a quella attuale, ha assunto un connotato fortemente utilitaristico basato su uno scambio tra benefici economici e consenso politico. Nuove offerte politiche, in concorrenza tra di loro, che si fanno carico di offrire protezione al cittadino, disorientato di fronte alle nuove sfide della precarietà sia essa economica che valoriale.

Due sono gli effetti di accompagnamento di questa evoluzione politica: il cittadino non più partecipe della galassia dei corpi intermedi che, soprattutto a livello locale, lo legavano alla politica, cerca nuove identificazioni in qualcuno che lo rappresenti e lo rassicuri; la nuova concorrenza tra i partiti per acquisire consenso si realizza nella generosità delle promesse che avallano una concezione totalizzante della politica, destinataria esclusiva dei bisogni dei cittadini.

Questa riaccreditata concezione di Stato Provvidenza, alla prova dei fatti non ha prodotto i risultati attesi: sia in termini di soddisfazione dei bisogni economici ed occupazionali dei cittadini, sia in termini di risposta alle inquietudini derivanti dalla messa in discussione di consuetudini e di credenze sfidate dai nuovi sviluppi scientifici la cui irradiazione coinvolge l’insieme del loro vissuto.

A questo punto diventa legittima una domanda? Questa politica ha le energie morali per offrire un futuro al cittadino visto che non tutto è riconducibile a decisioni politiche ispirate dalla razionalità economica (reale o presunta) e/o dalla soddisfazione degli interessi individuali?  Conseguente l’ulteriore domanda che ci riporta al tema iniziale: la cultura cattolica può contribuire a rendere le nostre società più sicure e solidali? Dal punto di vista astratto la risposta non può che essere positiva: per la centralità che viene data alla persona ed ai gruppi in cui si riconosce che riposiziona la politica al servizio dei loro obiettivi; per il rilievo accordato ai valori del pluralismo sociale, della sussidiarietà con cui sconfiggere l’isolamento dei cittadini facendoli partecipi di una rete di aggregazioni comunitarie.

Sul piano pratico tale prospettiva si presenta più problematica. Improbabile un nuovo partito dei cattolici, oggi minoranza dispersa, improponibile un ritorno nostalgico alla Democrazia Cristiana esaurita dal troppo lungo governo, fragile l’ancoraggio alla dottrina sociale della Chiesa alla luce dei mutamenti strutturali intervenuti.

Una soluzione può essere offerta da un rinnovato appello, a cent’anni da quello Sturziano, agli uomini liberi e forti che condividono ideali di libertà e di giustizia e che si riconoscono nei fondamenti dei valori cristiani.

Un appello rivolto ai cattolici praticanti, ma anche ai cattolici insofferenti nei confronti delle prescrizioni ecclesiastiche troppo limitative delle loro condizioni di vita.

Un appello per un comune impegno culturale, prima che politico organizzativo, che accresca la consapevolezza pubblica della modernità e dei problemi inediti che essa produce sui diversi piani della vita in comune, grazie ad un supplemento di virtù che l’umanesimo cattolico può portare alla politica. I cittadini per partecipare alla politica chiedono che non solo i loro interessi ma anche che i loro valori, i loro progetti di vita trovino accoglienza nel dibattito pubblico nella condivisione delle procedure democratiche che ne determinano l’esito.

Questo circuito virtuoso di partecipazione presuppone cittadini informati e consapevoli che la pratica dei doveri è il presupposto per il godimento dei diritti.
                                                                                                                     
                                                                                                                                              (Giuseppe Bianchi)
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