Democrazia Comunitaria

IL NUMERO DEI PARLAMENTARI VA RIDOTTO: E' ESIGENZA DI EFFICIENZA OLTRE CHE DI COSTI

E' sempre bene distinguere con chiarezza i problemi contingenti da quelli strutturali, le prospettive di breve periodo dalle esigenze di lungo. Crescentemente ci sono stati proposti in questi anni quesiti relativi alla possibile "modernizzazione" della nostra meravigliosa costituzionie della repubblica italiana, davvero la più bella del mondo. Ci siamo sempre opposti a qualsiasi modifica, ma precisando in materia un criterio di riferimento che pochissimi mostrano di conoscere: la intangibilità della costituzione, nel pensiero e nei valori solidissimi dei nostri padri costituenti, riguarda la prima parte della costituzione stessa, cioè quella dei principi e valori, e dell'assetto strutturale dello Stato, non riguarda le tecnicalità della seconda parte, a proposito della quale anzi gli stessi padri costituenti erano consapevoli della probabile futura esigenza di adeguamenti in conseguenza del prevedibile evolversi delle condizioni del paese. Questo è il caso che riguarda l'abnorme numero attuale dei componenti il parlamento italiano. La proposta di ridurre tale numero è stata avanzata da molto tempo da studiosi di diversi orientamenti, proprio come fattore di efficienza tecnica e perfezionamento della rappresentanza, oltre che come economia di costi: oggi una tale proposta è stata formulata dalla maggioranza di governo in carica, che non brilla per lungimiranza nè di metodo nè di contenuti della sua azione, e che infatti ha affrontato il problema con la superficialità e la supponenza che la caratterizzano, mentre ben diversa avrebbe dovuto essere l'apertura di un dibattito di lunga gittata in tutto il paese e fra tutte le forza politiche. Resta però evidente che la riduzione del numero dei componenti l'attuale parlamento nazionale italiano è doverosa per ragioni profonde, di lunga gittata, attinenti alla efficientizzazione sia della rappresentanza sia dei costi del parlamento. Così, mi è parso alla fine indispensabile confermare agli amici che mi hanno posto il quesito un ragionamento di sintesi che in documenti pregressi era già stato sviluppato con più ampia e documentata estensione.

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Davanti al crescere di differenziazioni di posizione anche fra gruppi e movimenti di cattolici impegnati in politica, DemocraziaComunitaria conferma la posizione sempre espressa a favore di una ragionata e ragionevole riduzione del numero attuale dei parlamentari nazionali.
 
Si tratta di una posizione non motivata in effetti dal dibattito pro o contro l’attuale maggioranza di governo, bensì di un convincimento antico, che trova piena ed organica illustrazione, più specificamente,  nel capitolo intitolato alla esigenza di “Stato snello” contenuto nei documenti fondativi elaborati fin dal 2013 insieme al più vasto movimento di amici che intorno a Gianni Fontana hanno operato per una piena rivitalizzazione e attuazione, in chiave di ventunesimo secolo, dei valori politici, culturali  ed etici riconducibili allo spirito dei padri costituenti e fondatori della nostra Repubblica, non solo cattolici.
 
Come abbiamo più volte ricordato, l’Italia repubblicana, alla sua fondazione, decise molto saggiamente ed opportunamente una composizione particolarmente vasta ed articolata del suo parlamento in quanto si trattava di avviare e consolidare inequivocabilmente la esperienza di democrazia a carattere universale e popolare che il paese aveva scelto, e per la quale era necessario che tutte le espressioni territoriali, culturali, sociali, economiche e storiche del paese, fino allora il più delle volte reciprocamente sconosciute, si incontrassero e si integrassero – per la prima volta nella storia del paese – in un “luogo di rappresentanza e di elaborazione nazionale” compiuta ed armonica.
 

Con tali modalità e spirito il parlamento italiano  ha operato egregiamente lungo i primi decenni della vita repubblicana, adempiendo magnificamente alla sua missione. Ebbene, questo tempo storico è oggi superato – lo è almeno dall’aprirsi del ventunesimo secolo – e va riassorbito in una visione che, proprio per rispettare lo spirito della Costituzione repubblicana e dei padri costituenti, consenta alla massima istituzione di rappresentanza e di decisione nel paese un ruolo ed un operato efficienti e coerenti secondo quei medesimi valori.  
 
A chi – a nostro avviso del tutto infondatamente - sottolinea in particolare che la diminuzione del numero dei parlamentari diminuirebbe la rappresentatività e la rappresentanza del parlamento, rispondiamo che si tratta di affermazione, fra l’altro, contraddetta vistosamente da tutte le esperienze democratiche e rappresentative del mondo. Per citare un solo esempio, la Camera dei Rappresentanti negli Stati Uniti – paese che conta una popolazione sostanzialmente tripla rispetto  a quella italiana - è composta di 478 membri contro i nostri 630 deputati: e non ci sembra che essa rappresenti il popolo americano meno di quanto la nostra camera dei deputati rappresenti il popolo italiano. E’ infatti problema di cultura della democrazia e di modelli tecnici e valoriali di operatività, non di numero dei rappresentanti.
 
Non è irrilevante inoltre la evidenza del fatto che la pletora numerica dei parlamentari non solo non ha diminuito in nulla, ma anzi ha aggravato, la ipertrofia malata e incontrollata della legislazione più elefantiaca, affastellata e confusa del mondo avanzato, quale è proprio quella italiana.  Si obietta a volte, a questo proposito, che si tratterebbe di problema riguardante piuttosto  il modo di lavorare di commissioni e comitati e uffici parlamentari: ma è evidente che il sovraffollamento delle aule parlamentari non è riuscito neppure a risolvere questo semplice problema tecnico dei suoi uffici operativi, cosa che avrebbe dovuto senz’altro fare se il suo pletorico numero fosse, appunto, fattore di efficienza e di garanzia.
 
Si obietta ancora, per altro verso, che una diminuzione del numero dei parlamentari impoverirebbe la condivisione vasta dei processi legislativi: senonchè è davanti agli occhi di tutti il fenomeno della grave e frequente deresponsabilizzazione dei singoli parlamentari, spesso addirittura inconsapevoli del merito pieno di quanto sono chiamati a votare nelle aule e limitantisi a seguire più o meno passivamente le indicazioni di voto dei rispettivi capigruppo, quando non a occuparsi improvvidamente e impropriamente di normazione amministrativa piuttosto che di legiferazione.
 
Si è ironizzato, ancora, sul punto che “appena” cinquanta milioni di euro verrebbero risparmiati sul costo attuale del parlamento a seguito della proposta riduzione dai circa mille componenti ai circa seicento previsti. Rileviamo semplicemente che alla “diligenza del buon padre di famiglia” non possono essere certo indifferenti cinquanta milioni di euro in un paese nel quale ancora ci sono cittadini senza lavoro o senza casa o nella impossibilità di acquistare medicine oltre un certo costo. Senza contare il grande valore morale di un contenimento di costi sia pur “simbolico” (sic!) come questo.
 
Da ultimo, DemocraziaComunitaria rileva che lo snellimento del numero dei componenti il parlamento nazionale non basta certo a snellire ed efficientizzare lo Stato e la sua rappresentanza e rappresentatività democratica: occorre anche restituire agli italiani il diritto, sottratto loro dalle normative elettorali degli anni recenti, di eleggere le persone dei parlamentari e non semplicemente le liste formulate dalle oligarchie dei partiti. Questa è stato infatti un autentico tradimento della democrazia, che va non meno sanato.
 
Lo snellimento numerico dei componenti il parlamento, il ritorno a un voto diretto dei cittadini sui candidati al parlamento stesso, un graduale processo di unificazione tendenziale dei due rami del parlamento verso una futura e compiuta unicameralità, e il superamento dell’istituto dei “senatori a vita”, sono passi graduali ma coerentissimi e significativi verso la possibilità di attuare effettivamente, nel ventunesimo secolo, lo spirito valoriale della costituzione repubblicana, realizzando un parlamento nazionale semplicemente e pienamente democratico e pluralista fondato sulla responsabilità delle persone. 
 
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MM


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